Essere agili in bici fino all’estremo? Si o no?

L’agilità estrema è la tendenza a cui ci siamo abituati in questi ultimi anni. Abbiamo ancora in mente le famose frullate di Froome che tutti abbiamo anche cercato di imitare. Ma è ancora così? Siamo sicuri che sia davvero vantaggioso?

È forse presto per dirlo ma, osservando le nuove dinamiche di pedalata di molti campioni, non è più così.

Qualche esempio?

Alaphilippe, nelle fasi decisive di gara, spinge rapporti mostruosi. Geraint Thomas, Egan Bernal e Tadej Pogačar non si distinguono per l’agilità. L’ultimo vincitore del Giro Tao Geoghegan Hart, idem.

Innanzitutto ci preme dire che non bisogna fare sempre il confronto con i professionisti, e qua ne abbiamo parlato in maniera specifica.

Stiamo però assistendo ad un cambiamento nella dinamica di pedalata e nella preparazione dei grandi ciclisti, o si tratta solamente di una caso?

Prima di provare a dare una risposta, proviamo a fare qualche considerazione.

Agilità vs rapportone

Partiamo dalla fisica.

POTENZA (in watt) = FORZA (in Newton) x CADENZA di PEDALATA (in Rpm)

La potenza è il risultato della moltiplicazione tra la forza applicata sul pedale (in Newton) e la velocità con cui questo si muove, ossia la cadenza di pedalata.

E’ chiaro, quindi, che è possibile sprigionare gli stessi watt mulinando un rapporto agile a cadenze elevate, oppure uno più duro a cadenze più contenute.

Pedalare più agile è meno impegnativo a livello muscolare, ma aumenta in maniera notevole il consumo di ossigeno, quindi richiede maggiore impegno a livello cardio-respiratorio. Se ci fate caso, a cadenza maggiore risulta una frequenza cardiaca maggiore.

Una cadenza di pedalata molto bassa, invece, comporta una contrazione muscolare più lunga ad ogni pedalata e quindi una maggior vasocostrizione. Il che vuol dire che il sangue arriva meno velocemente ai tessuti, e di conseguenza le scorie vengono smaltite più lentamente.

A livello scientifico generale è così… ma non dimentichiamo che è tutto molto soggettivo.

Quale insegnamento ci arriva dai pro’?

È evidente che alcuni degli atleti attualmente più forti pedalano a frequenze non così elevate. Ma è allo stesso tempo evidente che se uno come Froome dovesse tornare a livelli altissimi, non potrebbe fare a meno della sua agilità.

Roglic, per esempio, è un altro corridore che fa delle elevate pedalate al minuto il suo marchio di fabbrica.

Cosa vuol dire tutto ciò?

La moda dell’agilità a tutti costi è sicuramente superata. Quella che era una scelta quasi “imposta” come necessità assoluta e che molti amatori avevano cercato di imitare, non è più così necessaria.

Attenzione però: questo non vuol dire che pedalare agile non sia vantaggioso. Anzi.

La realtà è che non esiste una cadenza ideale e bisogna, invece, tener conto della soggettività di ogni atleta, cioè delle caratteristiche muscolari e fisiologiche di ciascun individuo.

È chiaro che anche atleti che spingono rapporti più duri, abbiano provato ad aumentare le pedalate con rapporti più leggeri… ma evidentemente non era performante.

Siccome a livello amatoriale non abbiamo gli stessi strumenti di valutazione, sicuramente la cosa migliore da fare è scegliere la cadenza di pedalata in grado di far sentire meno la fatica.
Ascoltate il vostro corpo è sicuramente la soluzione ideale.

Se poi volete qualche numero, sappiate che test e analisi di laboratorio hanno mostrato che la cadenza media ottimale in salita si aggira tra le 75 e le 80 pedalate al minuto, che poi è quella mantenuta da Pogacar nell’ultima crono del Tour 2020.

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Stefano Francescutti

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